CDS: "Cechov per Karoline Knabberchen" - 12.IV.2015
Claudio Di Scalzo
LETTERA DI KAROLINE KNABBERCHEN SU CECHOV
“Jùlia Sergèevna recitò attentamente le sue preghiere della sera; poi, inginocchiata, con le mani al seno, guardando il lume della lampada sotto le immagini, disse con fervore: Ispirami tu, Vergine Protettrice! Ispirami tu, Signore!”
Così impreziosito, il seno palpitante della donna accresce la sua naturale attrattiva di purezza virginale, tant'è che l'uomo Làptev Fȅdorovič confonde la bugia di questa preghiera con la propria: e fa coincidere il nulla con il tutto. Il loro matrimonio è il risultato scontato di un'incomprensione, esaurito all'ombra dei paramenti della cristianità russa.
Così in Tre anni di Checov si consuma l'incenso sotto le icone. Il carbone arde e bianchi, acri sbuffi travasano nel quotidiano l'infanzia di Làptev, le sue infinite, insanabili tristezze: spoglio come un guscio, egli si rimira, si agguanta nei gesti dei componenti della famiglia: è lo specchio dei desideri, possibilità di rinascita nei loro vizi e virtù; e ognuno ne trasporta la pesantezza in un singolare supplizio, espanso, contratto, palese o celato dall'incomprensione della propria natura.
Pesa quintali la funzione ortodossa, ma con estrema facilità vince la gravità della fede umana, e si libera in canti e fumi e lumi che paiono accesi in sordina per non distogliere l'orante dalla sua missione: la sottomissione, totale, al Cristo delle icone.
Sopra quel petto virginale si logorano i paramenti dei preti, si dilapida ogni ricchezza materiale e spirituale. Nulla si conserva, ma ad ogni sospiro è la forza distruttiva ad agire. Così l'uomo che non penetri il mistero della misericordia affoga nelle proprie preghiere.
Da quale di queste immagini è stato concepito il sogno di questa notte?
È nato dal respiro che s'affanna e scacciare la noia di Jùlia Sergèevna; oppure dalla fragilità delle spalle di Làptev, dalla piega dolorosa della sua schiena?
Un figlio mezzo aquila, con un rostro spezzato, la zampa dolorante, chiede il mio aiuto. Nel frattempo un'ombra s'aggira nella mia casa, lasciando impronte d'acqua: il cane piega le orecchie indietro, il pelo ritto, in una posa compresa tra il terrore e l'attacco. Dalla stanza del figlio un galletto esce svolazzando verso di me.
A questo punto mi sveglio.
Ma non c'è nessuna membrana del vero, nulla che mi rassicuri: sono uscita o appena entrata nell'incubo, mi chiedo?
I paraventi della lettura non sono forti, non abbastanza, caro Fabio, ed è bastata una brezza per escludere ogni confine.
La mia tana è colma d'inquietudine. Non so come rientrare...
Tua Karoline Knabberchen