Fabio Nardi: "Gradoni della Grundtvigs Kirke di Copenaghen"
Karoline Knabberchen
MI PERDONERAI...
Mi perdonerai se di quanto dici non intendo nulla.
Mi perdonerai l'incapacità a udire le voci vivaci e paffute delle onde nella sera.
Ho questo chiodo arrugginito che mi gira - spiedo, spiedino, spietato! - Sogno il tarlo nella mia coscia di legno.
Tu sei bello. La bellezza è spietata. La bellezza etrusca, tellurica, senz'armonia è un vento che pare vetro incrinato.
La tua bellezza è la consapevolezza d'una latitanza dell'anima, perciò - se mi chiami 'mia bella Karoline', è ad una bellezza protestante che vai rivolgendoti, una bellezza laboriosamente consapevole, e tutta spigoli, come i gradoni della Grundtvigs kirke.
Sono quella latitanza. Quel che cerchi senza osservare. Saperti altro corpo, me appena disgiunto è la felicità che si rovescia sul dorso della mano... Non si afferra, la latitanza. Rimane anelito e in questo io mi spezzo.
Perché c'è molto rischio nei tuoi occhi, e nei miei. Se perdessimo aderenza, avremmo una vita infelice. Disperatamente infelice.
Ti dico queste cose a labbra strette, con il vento che fa impazzire i capelli e la mia gonna, e tu ridi a scattar ricordi di questa lenta deflagrazione.
Angelo mio, mi sento spiedino e quindi (ti giuro!) la pecora stasera non la mangio! Dovessi digiunare non azzannerò chi condivide con me il destino di spiedino.
Credo di aver visto un ristorante lungo la strada: locanda povera da minestra di patate. È lì che andrò quando avremo finito le foto sulla spiaggia. Divorerò il mio contorno con protestante avidità.
(dicembre 2011)