Kierkegaard è il mistero teologico dell’orologio fermo che misura il tempo della mia filosofia fede se m’aggrappo alla lancetta delle ore penzolando come l’acrobata caduto aggrappatosi con la forza disperata delle braccia alla fune. Equilibrio perduto: sotto abisso senza rete: risalire penosamente: scoprirsi goffa nel gioco esibizione della mancata Grazia: raggiungere momentanea salvezza posticcia dove fune termina. Con questo rischio mortale, però, l’orologio filosofico riprende a girare e so della mia ora e tempo. Nel circo vuoto. Dove m’esercito.
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Kierkegaard non cammina mai in sintonia con la meta. Si convince che soltanto così vincerà l’imposta ai credenti deduzione razionale del Dio-Idea irrigidito in forma cangiante storica menzognera. Dall’abbaino del cascinale rilucono le tegole bagnate dalla leggera pioggia. S’annuncia verso il mare tenue linea di sole. Settembre cangia paesaggio rapidamente rivelando la sostanza illusoria delle forme create nel clima. Chissà se il nido nella grondaia degli uccelletti migranti è stato travolto dall’episodico temporale. Il malessere che provo nel non riuscire a proteggere chi necessita del mio aiuto m’obbliga allo scatto della verifica? Dovrei uscire sul tetto avvicinarmi rischiare. La pena d’acrobata mancata mi fa temere un rischio ancora superiore alle mie forze: prima di pensiero poi di agilità muscolare. Qualsiasi muratore, lo stesso Fabio, saprebbe muoversi meglio di me. Senza aver letto un rigo di Kierkegaard. Romanticismo con nido simbolo e religione s’aggrovigliano nella pulsione manchevole di forza azzardo. Se cultura, romantica, e fede che ne viene imbevuta, fossero due nevrosi, come frettolosamente la cultura materialistica ha diagnosticato per Kierkegaard, di riflesso me le “traccio” addosso pensandole orme sullo scivoloso tetto; voglio subire lo stesso equivoco irridente ricevuto da Lui, smascherarne l’inutilità umoristica: se fosse tutto così facilmente materialistico seppure preda di doppia nevrosi sarei lì a guardare la realtà del nido; vincendo l'esitazione paura per i volatili migranti: si sono salvati o no? Il dubbio che conserverò, lo stabilisco determinata, vale più d’ogni fervore realisticamente svelato. Del resto fossero volati via dopo c’è la tempesta il mare da superare gli uccelli carnivori da scansare. Scendo verso le scale. Convinta pure di aver evitato il formalizzato abile pietismo di Kant!
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Kierkegaard ansima nello scrivere filosofia-teologia, il suo Esercizio Cristiano, perché è gioco lavoro esibizione da acrobata sull’abisso. Lui non cade va avanti e indietro; il talco se lo pone anche sulla faccia con pseudonimi recitanti crudele ironia; a volte il circo è colmo di persone, che raramente applaude più spesso lo deride. Lui s‘espone a ogni sguardo col naso all’insù. “Tanto io sto quaggiù”. Chioserebbe Fabio con le sue rime messo alle strette dai miei ragionamenti. Provo antipatia verso il fidanzato, stasera, perché lo vedo raggiungere la grondaia ed esclamare: “Son partite le rondini non si fanno annegare, Karoline, stanne certa, non sono sceme e non abbisognano di teologia che da sempre appiccicano loro alle code. L’hai fatto anche tu?”
Cosa potrei rispondere ad uno così?
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Riprendo a scrivere su Kierkegaard espungendo dal pensiero l’immagine dell’irridente fidanzato, Fabio Nardi, che però amo anche per questo.
L’ansimare il respiro agitato la corsa verso qualcosa che va raggiunto a ogni costo tentare almeno... in Kierkegaard... per lambire volto coperto di Spine del Cristo per non cadere nella dannazione eterna in questa impresa che mai sapremo di che forze necessitano né se le avremo a nostra disposizione... lo provo anch’io, e voglio stare in questa scoperta, in sosta riprendere fiato,... nel turbinoso Rondò-presto della Seconda Sonata in Sol Minore di Schumann. Lo farò ascoltare a Fabio Nardi... così perderà spero la sua sicurezza da materialista dialettico... cesserò di vederlo coi baffi sollevati nel sorriso rispondermi con rime banali... ai miei quesiti teologici... qualora glieli ricordassi!
Foto Fabio Nardi, 1982 - Dedicata a Karoline Knabberchen
"Mano per Clara Wiek mano per Robert Schumann"
POSTFAZIONE CON SARA CARDELLINO
Dicembre 2023 - CDS detto Accio
Karoline Knabberchen scrisse frammenti poi spersi in diversi quaderni e pagine sul filosofo Kierkegaard. La sua ironia engadinese le suggerì un titolo come “LE TRE K” che rimandava al suo mettersi sulle tracce, vere e proprie orme, col suo nome e cognome basato su due K, seguendo la K fondamentale del danese.
Nella pianura della filosofia, anche tratturi sentieri ma qui c’è la H di Heidegger, la filosofia che conta è quella di Kiekegaard, pensò Karoline, io al massimo ne seguo le orme e metto il piede-pensiero nelle sue orme. Ricavandone leggera pressione che si chiama inchiostro sulla pagina. O ticchettìò sui tasti della Olivetti.
Sara Cardellino questo frammento dove Knabberchen accosta lo Schumann della Seconda Sonata in Sol Minore all’autore di Aut-Aut l’ha mossa a commozione. Posa il capo la guancia sulla spalla di Fabio Nardi. Il Rondò-presto lo fa sospirare in dolcezza e ricordo: sapendo che Sara Cardellino sa custodire quanto fu bellezza terrestre: filosofia stretta alla musica entrambe senza tempo né morte. Che sa quanto Fabio Nardi ieri e oggi Accio siano avventati nelle battute in rima: epperò tali da divertire e rasserenare il legame sentimentale.