
"A Bruges La figura sul ponte guarda Karoline Knabberchen..."
Fabio Nardi, febbraio 1984
Karoline Knabberchen (Guarda Engadina Svizzera 10 aprile 1959 - 1984 20 agosto Austvågøy Lofoten Norvegia).
Fabio Nardi - Karoline Knabberchen
A BRUGES
LA FIGURA SUL PONTE. RODENBACH
SPECCHIETTO OMBELICO LETTO
FEBBRAIO 1984
cura Claudio Di Scalzo

Rodenbach qui a Bruges baca l’ESserci - A Karoline Knabberchen
Febbraio 1984 - Fabio Nardi - Tecnica mista su carta
Io e Karoline Knabberchen nel febbraio 1984 eravamo in Belgio. Visitammo Bruges. Nel “Canzoniere in vita e in morte” di Karoline Knabberchen, in quanto pubblicato (la punta dell'iceberg) sull’Annuario TELLUS24-25 “Scritture celesti. Poesie in cerca di Dio”, 2003 (presenti anche Alda Merini; Alessandro Fo) Bruges non compare, a differenza di Anversa, Bruxelles, Gand, Ostenda, Malmedy, Ypres, Grammont, con prosa e poesia; bensì soltanto con descrizione di una fotografia “Karoline mentre si volta col bucaneve, ed è febbraio, sulla darsena di Huidervettesplein a Bruges”; andata perduta come del resto tutte quelle che la ritraevano con il fiore da lei scelto di stagione, fino in Norvegia. Rimangono le descrizioni. La madre Gerda Zweifel le distrusse assieme a tutte le stampe e negativi custoditi nella camera oscura, centinaia e centinaia e centinaia, a Guarda d’Engadina, dopo il suicidio della figlia il 20 agosto 1984. A volte, nel dormiveglia, nel sogno, mi riappare quanto fotografai: Karoline me le porge muta: mi sorride enigmatica oppure sembra interrogarmi sul perché desideri rivederle se lei è lì con me. Al risveglio so che sono quaranta anni ch'è andata via: PASSEGGERA IN TERRA! E mi dispero.
Sull’Annuario Tellus ricordato non pubblicai nel 2003 quanto scrivemmo perché in questa città Karoline ebbe una crisi terribile di ansia e panico e tosse: vedendo, la foto che conservo, dove fotografai una figura su di un ponticello. Nella foto, la persona, è grande come un coriandolo. Ci guarda, la vedo da vicino, ci guarda Fabio. È malvagia. Scappiamo! Non svilupparla! Promettilo. Promisi. Ma anni dopo il negativo lo sviluppai. Sì, c’è da spaventarsi. Perché era la Morte che la fissava, da lontano (l'ingrandimento lo confermò anche s'era un grumo indistinto d'occhi denti) ma sempre più vicina. A lei.

Specchietto Ombelico Letto, I - Bruges
a Karoline Knabberchen - Fabio Nardi - Febbraio 1984

"Specchietto barchetta fianco latte Letto" - Bruges
a Karoline Knabberchen - Fabio Nardi - Febbraio 1984
Questo Dittico fotografico
è un facile gioco parola-significante.
Mestiere da fotografo sperimentale.
Servi per ripararla dal tragico incombente
dal doloroso perturbamento che la strattonava
e condurla, per breve tempo, alla commedia.
"Sei il mio giocoliere dei segni, o preferisci mago?,
e lo spettacolo è solo per me, che ti ama tanto".
Di più non riuscii, non riuscivo, a compiere.
Il Fabio Nardi ch'ero non trattenne
la Passeggera in Terra.
Che volete me ne importi
di quanto rileggo rivedo sul piano estetico!
Nulla me ne importa e di me in esso
se per combinazione fui e sono autore.
Addirittura provo una gioia feroce
sapendo che queste invenzioni
allora innovative in fotografia
sono moltiplicate all'infinito sui social
svilendone esteticamente la sovversione
nei segni... perché nessuna
sovversione comunista è avvenuta.
Ma quanto valse per noi due
per Karoline Knabberchen e Fabio Nardi,
ancora vale come trait-d'union.
Per ritrovarci.
Questo per me vale.
Per distoglierla, e ci riuscii, in albergo le scattai fotografie maliziose e divertenti: con uno specchietto sul letto. Lo spavento le passò. Tanto che scherzammo sulla poesia di Georges Rodenbach, come “Les glaces sont les mélancoliques gardiennes”, che quanto a spargere tristezza enigmi profili funebri era largo di maniche. Perché non la traduciamo Fabio? Così facemmo. E siccome ero, giocoliere o mago dei segni, forse lo sono ancora: su di una carta spessa usando dita e pennello di fortuna con colori acrilici di base con qualche matita dipinsi “Rodenbach qui a Bruges mi baca l’Esserci”. Freud e Heidegger per scansare Rodenbach e la sua funebre “Bruges-La-Morte”. Dopo andammo, rischiarati, a visitare nella Chiesa di Nostra Signora (Onze-Lieve-Vrouwekerk) la Madonna col Bambino di Michelangelo.
Georges Rodenbach
SPECCHI GUARDIANI MALINCONICI
(Traduzione Knabberchen-Nardi. Febbraio 1984)
Gli specchi guardiani malinconici
dei visi che in essi si sono guardati,
lusinga ubbidiente, senza mai dinieghi
a sera vivono quotidiana crisi.
È la loro patologia la sera così com’è:
come ancora esistere, cacciare via
lo spavento di smarrire linee colori?
In tal maniera lungo un canale svaniscono
già i cigni, mischiandosi alla tenebrosità.
Male umbratile, che s’amplia in un alone
che gli specchi pian piano spoglia e annulla.
Lottano essi, vogliono resistere, il fluido
lume la sera nega, per un attimo...
Però l’ombra diventa greve, essi più stanchi:
non sono più testimoni nelle stanze.
L’immiserisce questo strambo male:
paiono indifferenti, e già lontano,
quasi assenti e al di là della vita!
Sbiaditi ricalchi, imperfetti miraggi;
oh oi per gli specchi è una malattia
quest’ombra che cresce tuttavia:
sono fragili, e di riflessi vivono.
GEORGES RODENBACH
LES GLACES SONT LES MÉLANCOLIQUES GARDIENNES
Les glaces sont les mélancoliques gardiennes
Des visages et des choses qui s'y sont vus ;
Mirage obéissant, sans jamais un refus !
Mais le soir leur revient en crises quotidiennes ;
C'est une maladie en elles que le soir ;
Comment se prolonger un peu, comment surseoir
Au mal de perdre en soi les couleurs et les lignes ?
C'est le mal d'un canal où s'effacent les cygnes
Que l'ombre identifie avec celle de l'eau.
Mal grandissant de l'ombre élargie en halo
Qui lentement dénude, annihile les glaces.
Elles luttent pourtant ; elles voudraient surseoir
Et leur fluide éclat nie un moment le soir...
Mais, en l'ombre aggravée, elles se font plus lasses,
Cessant d'être dans les chambres comme un témoin.
En ce malaise étrange et qui les simplifie
Elles semblent déjà déprises, déjà loin,
Presque absentes et comme au delà de la vie !
Décalques apâlis, mirages incomplets ;
Or n'est-ce pas vraiment comme une maladie
Pour les miroirs que toute cette ombre agrandie,
Eux les frêles miroirs qui vivent de reflets.